Il pole non conosce ingiustizie, tradimenti o delusioni.
Ti concede solo quello che sei disposto a dare, e te lo toglie solo se non dai più niente.
Premia tutti allo stesso modo.
Davanti a un pole, sesso, ricchezza, povertà, età, peso, lingua o religione non contano.
Tutti partono da zero e tutti arrivano a cento solo se si sacrificano per arrivare a 100.
Il pole ti conferisce una forza frutto di un vero e proprio dolore fisico, di una lotta.
Grazie al costante focus che il pole ti richiedere, molti lo definiscono come una terapia, perché quando sei a testa giù, lassù in alto, non ti puoi proprio permettere di pensare a nient’altro che al momento presente.
Questa disciplina, perché ridurlo alla definizione che la parola sport ricopre mi sembra riduttivo, me la sono tatuata sul braccio, e mi sento ancora una pazza delle volte.
L’ho fatto perché a differenza di tanti amori che ci circondano oggi, questo è uno dei pochissimi che attraverso lo sforzo porterà sempre un riconoscimento, una confortevole vicinanza e un’infallibile sicurezza.
Ed è questo quello che senti quando stringi forte “la barra” e sai che non ti può far cadere ni Dios, perché su quelle braccia e quelle gambe, ci potrai contare ancora almeno una vita intera.
E adesso sono qua. Perché la pazienza, la costanza e la forza sono quei 3 pilastri che mi porteranno a tutto, come oggi mi hanno portata così in alto (4metri), così determinata, così intrepida, e perché no, anche un po’ incosciente.