Mi piace pensare al dolore come misurabile con una scala Richter, secondo la quale nella vita verrai travolto da tanti episodi che ti faranno tremare.
E mi piace in qualche modo pensarci con un certo livello di resilienza basato su tutto ciò che abbiamo affrontato da soli in passato.
E da lì, proprio ripartendo da quello che per noi è stato l’evento più “catastrofico” della vita, tracciare una linea.
Questa linea, disegnata appositamente limitrofa alle nostre debolezze e punti di forza, rappresenta, fino a quel momento, quello che pensiamo di poter sopportare, quello che pensiamo di poter incassare per non crollare in mille pezzi.
Questa yellow line ci rappresenta e nei momenti più alti della nostra scala di dolore ci appelliamo a lei, come una preghiera ricordandoci tutto quello che abbiamo potuto fare soli.
La scala magnetudo del dolore però non ha un tope, si modella e non sai mai cosa ci sarà dietro all’angolo che possa farti sentire un 11 o 1000.
Tenetevela stretta la vostra yellow line, è quella che vi farà stare in piedi quando tornando a casa con la bocca secca, il viso bagnato e le gambe al km10 della giornata vengono accompagnate da un battito da 110 heartbeat al minuto.
Tenetevela stretta la vostra linea, tirad de ella, perché non sai mai quando potrebbe risultare vitale.
Ricordatevi della vostra benedetta linea quando arriva il colpo finale, quello per cui non reggerebbero manco le fondamenta su cui ti sei appoggiato tutta la vita.